Italian English French German Greek Russian

Frutti Antichi

cotogni

Antiche Varietà Fruttifere recuperate in Salento


Cotogno “Maliforme”(Cydonia oblonga Miller)

cotogno maliforme

Siamo normalmente abituati a vedere due sorte di cotogne, diverse prima di tutto nella forma e poi anche nella consistenza della polpa. Le varietà di questa specie possono essere infatti suddivise in due gruppi: le maliformi e le piriformi. Al primo gruppo appartengono cotogne tondeggianti più simili alle mele; in genere hanno polpa più molle e sono maggiormente utilizzate per le confetture anche perchè in genere più comuni.
Al secondo gruppo, invece, appartengono cotogne a forma di grossa pera panciuta, spesso con polpa più dura e granulosa.
Le cotogne, sono impiegate soprattutto nell’industria dolciaria e conserviera per la preparazione di dolci e marmellate, gelatine e mostarde. Famosa è la “cotognata leccese” ma la cotogna intera era anche usata nel Salento a fare da “tappo” temporaneo e soprattutto aromatico alle botti di mosto in fermentazione.


Il Sorbo domestico (Sorbus domestica L.)

sorbo domestico

Conosciuto nel Salento ed in altre parti della Puglia con il nome di Survia.
Questo elegante albero sarebbe degno di essere presente in molti parchi urbani e nei frutteti di quasi tutta Italia.L’ adattabilità a clima e terreni diversi, consente a questa specie un’areale di coltivazione estremamente ampio e la rende particolarmente adatta alla valorizzazione di ambienti marginali. Alla maturazione sull’albero (maturazione fisiologica) le sorbe risultano essere non commestibili perché astringenti ed allappanti; un periodo di post-maturazione (ad esempio nella paglia) porta all’ammezzimento e quindi alla possibilità di consumo diretto.
Dai frutti si ricavano anche marmellate e confetture, mentre dal legno durissimo e compatto dell’albero, si ricavavano un tempo, viti, ingranaggi ed altre componenti di attrezzi e utensili complessi come torchi, fucili ecc...


Azzeruolo “Rosso” (Crataegus azarolus L.)

azzeruolo rosso

Conosciuto sin dall’antichità nel bacino del Mediterraneo, l’azzeruolo è un albero dal legno molto duro che riesce a vegetare anche in zone molto aride e fortemente calcaree.
I frutti sono stati utilizzati come alimento di sussistenza nei paesi d’origine. In Italia ha rivestito sempre un ruolo marginale ma è sempre stato presente nei frutteti domestici.


L’Azzeruolo “Bianco" (Crataegus azarolus L.)

Come l’azzeruolo rosso, anche questa cultivar è utilizzata nei parchi e giardini più per il suo valore estetico che per quello alimentare; come l’altra non è mai stato coltivata in frutteti specializzati.
Come altri piccoli frutti a maturazione tardo-estiva o autunnale è consigliabile effettuare la raccolta anticipata e far continuare il processo maturativo in ambiente asciutto (ad esempio nella paglia).
A scopo alimentare il frutto dell’azzeruolo può essere consumato fresco o, meglio, se ne possono ricavare marmellate e confetture.


Il Giuggiolo (Ziziphus sativa Gaertn)

giuggiolo
Arbusto o più spesso alberello, elegantissimo nel suo portamento, sia nel periodo vegetativo che nel periodo di riposo invernale. Le branche ed i rami, spinosi, hanno un andamento caratteristico a zig zag e portano, ad ogni nodo, delle protuberanze dalle quali emergono ogni anno germogli recanti fiori e foglie. Conosciuto nel Salento con nome di Scìscula, gode di un certa tradizione nel panorama dei frutti minori.
A Tiggiano (LE) si festeggia il Santo Patrono (Santu Pati) con una varietà locale di carota e giuggiole sbollentate.


Nespolo comune (Mespilus germanica L.)

nespolo comune

E’ un’altro dei frutti minori, relegato nei piccoli frutteti familiari o nelle collezioni di appassionati coltivatori. Conosciute nel Salento con il nome di meddhe i frutti di questa alberello sono le vere nespole che maturano con il tempo e con la paglia; la commestibilità stessa infatti è legata al fenomeno dell’ammezzimento (imbrunimento interno della polpa in ipermaturazione). Lo si rinviene allo stato spontaneo nelle stazioni più fresche della macchia mediterranea.


Il melograno (Punica granatum L.)

melograno

Allo stato spontaneo è rinvenibile, più spesso, nella forma arbustiva. I fiori sono di due tipi, un tipo fertile (sui rami di due anni) e uno sterile sui rami di un anno; la produzione avviene quindi sui rami di due anni. L’impollinazione incrociata favorisce la produttività. E’ difficile stabilire il numero di varietà presenti nel mondo, sia per la mancanza di studi specifici che per la tendenza ad accorparle in soli tre gruppi principali: Dolci, Agrodolci, Acide. Uno studio degli anni ’80 prende in considerazione ben 72 varietà nell’area mediterranea e mediorentale.
In Italia, nei vecchi trattati, sono menzionate le varietà:“acida”, “dolce ordinaria”, “dolce a denti di cavallo”, “amara verace”, “amara a denti di cavallo”, “dolce alappia” ecc..
Molto interessante è il recupero di una varietà senza semi il melograno "Sordo"


Melo di San Giovanni (Malus domestica L.)

£melo san giovanni

Si tratta dell’unica vecchia entità di melo presente nel Salento.
Fino a qualche decennio fa era una presenza immancabile nei piccoli frutteti familiari; oggi tende sempre di più ad essere sostituita con cultivar di importazione di maggiore pezzatura ma più bisognose di cure ed intereventi chimici.
Il nome deriva dal periodo di maturazione che avviene intorno al giorno di San Giovanni.


Il Gelso

gelso

Varietà diffusa nel comune di Otranto, caratteristica del frutto che ha una maturazione scalare da giugno a tutto luglio.


Carrubo (Ceratonia siliqua L.)

carrubo

Albero sempreverde con rami espansi, robuste, rigidi, nodosi e tortuosi. Le foglie sono sempreverdi, lucide e coriacee, alterne, con rachide rosso-vinosa.
I fiori, poco appariscenti senza petali, attaccati direttamente al tronco e ai rami, rossastri, sono riuniti in piccoli racemi quasi sessili, ascellari.
Il carrubo è diffuso ovunque nella regione mediterranea, specialmente a Sud.
In Italia trova la sua massima diffusione in Sicilia, ma anche altre regioni, come la Puglia, la Sardegna e la Basilicata, vantano una tradizione colturale molto antica.
Il tipo spontaneo prevale in vicinanza delle coste, nelle macchie termofile.
I frutti, per il loro alto contenuto di zuccheri si sono prestati utilmente per la produzione di alcool; nelle distillerie pugliesi la lavorazione delle carrube si alternava a quella dei fichi secchi.
Alimento molto gradito agli animali erbivori, le carrube hanno trovato largo impiego nelle produzione dei mangimi. La farina di carrube viene utilizzata nella preparazione di dolci.


Il Fico d’India (Opuntia ficus indica Miller)

fico d'india

Introdotto in Europa da C. Colombo è ormai naturalizzato in molte parti dell’Italia e Isole. La sua coltivazione è legata soprattutto ai frutti che mediante la pratica della scozzonatura possono avere una maturazione molto tardiva, anche fino all’inverno, e alla possibilità di costituire siepi di confine a volta impenetrabili per la spinosità dei cladodi.
Le tre varietà più diffuse in Italia, “Sciannarina” dalla polpa bianca, “Sulfarina” dalla polpa gialla e “Sanguigna” dalla polpa rosso violaceo, sono tutte coltivate nella nostra Azienda.


Il corbezzolo

Famiglia: Ericaceae
Genere e specie: Arbutus unedo L
Nome comune: corbezzolo
Nomi dialettali locali: urmeculu, rusciulu
corbezzolo

Il corbezzolo è una tipica pianta mediterranea, di notevole valore paesaggistico oltre che ecologico, si presenta come un albero o arbusto sempreverde con fogliame elegante e dalle colorazioni brillanti.
Sin dall’antichità il corbezzolo è stato tenuto in grande considerazione anche per la gustosità dei suoi frutti per le proprietà salutari, per il suo legno pregiato.
Il suo nome sembra derivare dal suo aspetto di arbusto e forse fu proprio Virgilio ad attribuirglielo, ma probabilmente deriva dal celtico “arbois”, cioè ruvido o da “ ar “ (aspro) e “butus” (cespuglio). Più avvalorata sembra l’ipotesi che derivi dal latino “unum edo”, cioè ne mangio uno, riferito alla possibilità di recare fastidi sia alla masticazione che all’apparato digerente (specie a digiuno!).
I Greci dedicarono questa pianta a Cadea, custode dei bambini, e molti furono gli autori a decantarne le virtù terapeutiche ed i pregi. Il poeta Giovanni Pascoli lo identificò come pianta nazionale per il bianco dei suoi fiori, il rosso dei suoi frutti ed il verde del suo fogliame.
La presenza del corbezzolo indica suoli silicei, sabbiosi ed acidi ma anche di esposizioni. È una specie pollonifera, perciò spesso si presenta come un grosso cespuglio, specialmente dopo l’attraversamento di incendi; infatti è tra le specie della macchia mediterranea che più resistono al passaggio del fuoco e che tempestivamente provvedono alla ricostruzione della copertura vegetale. Tende a rarefarsi quando la macchia evolve verso la lecceta chiusa.
Noto per i suoi frutti molto decorativi, ricchi di vitamina C, commestibili ma da consumare in modiche quantità, perché potrebbero causare disturbi gastrici. Il corbezzolo è una pianta mellifera,dalla quale si ottiene un miele ricercato. Le foglie dell’anno in corso si raccolgono in maggio-agosto e si essiccano all’ombra in strato sottile, per conservarle poi in sacchetti di carta.
I principi attivi sono polifenoli, (arbutusoide), resine, tannini. La pianta ha proprietà diuretiche e disinfettanti del tratto genitale, ma anche antidiarroiche ed astringenti.
Come molte piante della macchia mediterranea, produce alimenti foraggeri, foglie e frutti, capaci di integrare le esigenze alimentari degli animali da pascolo, soprattutto durante l’inverno.
I tannini vengono impiegati nella fabbricazione di sostanze collanti ed impermeabilizzanti; dalla corteccia si estrae anche un pigmento per la produzione di colorante grigio.
I frutti, le corbezzole, hanno un elevato contenuto in zuccheri e sottoposte a distillazione, danno un’ottima acquavite.